intervista di Mariella Boerci – Foto Euro Rotelli.
Ho iniziato il Conservatorio a 9 anni e da allora ho sempre studiato, ore e ore. Il podio ti ripaga: è adrenalina pura.

«Se fossi stata un uomo avrei avuto una carriera lampo»
Silvia Massarelli, romana, direttrice d’orchestra dallo sguardo di cristallo, entra nell’intervista a gamba tesa ma con il sorriso di chi si sente in pace con se stesso e fa, semplicemente, una constatazione. Prima e unica donna a conquistare nel 1993 il “Grand Prix de Direction d’Orchestre“, il prestigioso concorso internazionale di Besançon, in Francia, ha nel suo curriculum una sfilata di podi in nato il mondo e critiche eccelse. In questi giorni sarà al Conservatorio Giuseppe Verdi di Torino nell’ambito della manifestazione Mi-To Settembre-Musica. La vedremo dirigere l’Orchestra Filarmonica in un programma dedicato a musiche di Joseph Haydn e Wolfgang Amadeus Mozart. E l’unica bacchetta femminile presente alla kermesse musicale in scena per tutto il mese tra Milano e Torino con 208 eventi, di cui 180 concerti.
Le donne, sul podio, sono sempre poche. «Indubbiamente. In Italia, però, il peccato è originale e non riguarda solo le donne. Si trova alla fonte, ossia nella scelta dei direttori d’orchestra, quasi mai chiamati soltanto per la preparazione artistica o per il talento. Questo ha distrutto la cultura musicale, che era una delle spine dorsali della storia del nostro Paese. Ritorniamo a fare discorsi di merito».
Come è nata la sua passione per la musica? «Mia madre suonava il pianoforte e ha provato a somministrare la tastiera a tutti e quattro noi figli. Ho risposto solo io, finendo al Conservatorio a 9 anni senza quasi rendermi conto di che cosa significasse. Da quel momento, però, ho lavorato duro. Anni e anni fino alla direzione d’orchestra, bruciando le tappe e ottenendo risultati straordinari. A volte mi stupisco perfino io».
E con le altre bambine giocava? Da ragazza andava in discoteca? «Certo! Ho fatto anche corsi di ballo, sono sempre stata piuttosto scatenata. Però studiavo tantissimo, ore e ore. Volevo diventare a tutti i costi una brava musicista».
Quando è stata la prima volta che ha tenuto una bacchetta tra le dita? «Era una matita, non una bacchetta, ed è accaduto al Conservatorio di Santa Cecilia su invito del mio docente di canto corale. Ho alzato il braccio, tesissima, e come per mira-colo il coro e l’orchestra si sono fusi in un’unica voce: quella della musica. Ho provato una tale emozione da decidere in quel momento di intraprendere la strada della direzione. Per non parlare della botta di autostima: pur avendo giocato in casa e senza pubblico, quel giorno l’ego raggiunse vette incredibili. E il rischio di ogni direttore d’orchestra: da allora cerco di stare con i piedi per terra».
E il debutto effettivo alla guida di un’orchestra? «É avvenuto molti anni più tardi. Alla fine del concerto, in una nuvola di profumo, mi raggiunse in camerino una signora che non conoscevo. Era elegantissima: “Lei ha un grande talento, ma avrà vita difficile” mi disse. Era Wally Toscanini, figlia di Arturo. Aveva ragione: da allora, la mia strada è stata sempre una salita sulle quale mi sono inerpicata da sola senza aiuti».
Chi l’affascina tra i Maestri di oggi? «Mi affascinano soprattutto quelli di ieri. Carlo Maria Giulini, con cui ho studiato, e Herbert von Karajan: due persone dal carisma vero. Il numero uno di oggi resta per me Riccardo Muti. Rappresenta intuito il mondo la faccia migliore del nostro Paese».
Sul palco prova sempre la stessa emozione? «Sempre. Il momento in cui le luci si spengono e in sala scende il silenzio è magico. Soli, l’orchestra davanti e il pubblico dietro, è un’emozione che prende alla gola e si avverte in modo fisico, il cuore batte in tutto il corpo: bum, bum, bum… Adrenalina pura» .
Lei è nata a Roma, ha studiato a Parigi, dirige in tutto Il mondo. Come mai ha scelto di vivere a Pordenone? «Le donne fanno sempre delle scelte d’amore e io, appunto, sono andata dove mi ha portato il cuore, affrontando sette traslochi in poco più di 20 anni».
La carriera, la famiglia, due figlie: non si è negata nulla Insomma. «E perché avrei dovuto se si può avere tutto? Certo, le giornate sono un po’ più complicate, ma ho il mio rimedio e si chiama Bikram Yoga. Praticarlo è entrare in un’altra dimensione, ti insegna a prendere il meglio di quella meraviglia che è la vita».

Quali saranno i suoi prossimi impegni? «Quello che mi elettrizza di più è il debutto alla Philharmonie di Parigi, dove sono stata chiamata a dirigere l’Orchestra del Conservatorio Nazionale Superiore di Musica. Porterò un programma tutto italiano, comprese The Expo Variations Francia composte da Nicola Campogrande per l’Expo di Milano. Non sono mai state eseguite finora. Una pazzia? Forse. Ma io amo le sfide».